7 novembre 1942: ottantatré anni fa, una data che risplende nella storia del ciclismo e in quella di un’Italia ferita. In quel giorno cupo, a Milano, Fausto Coppi realizzava un’impresa epica che andava oltre lo sport: stabiliva il Record dell’Ora al Velodromo Vigorelli, pedalando contro il tempo e, idealmente, contro l’orrore della guerra.
Il 1942 è un anno drammatico – La seconda guerra mondiale infuria, i bombardamenti aerei sono una triste realtà quotidiana e l’Italia è sempre più stretta nella morsa del conflitto. Le attività sportive – considerate un lusso e ostacolate dalle difficoltà logistiche e dalla mobilitazione – sono ridotte al lumicino. In questo clima di incertezza e paura, il giovane Fausto Coppi, all’epoca ventitreenne e già astro nascente dopo la vittoria al Giro d’Italia del 1940, si presenta al Vigorelli.
La cornice era desolante – Tribune quasi vuote. La preparazione di Coppi era stata tutt’altro che ottimale, segnata dall’assenza di gare e allenamenti specifici a causa delle restrizioni. Si narra addirittura che, per scaldarsi, avesse pedalato da casa sua a Castellania fino a Milano. Una bicicletta “specialissima” con cerchi in legno e tubolari in seta. Allo scoccare dei sessanta minuti Coppi percorre 45,798 battendo il precedente Record del francese Maurice Archambaud, fissato sempre al Vigorelli il 3 novembre 1937 (45,767). Coppi diventa il secondo italiano a compiere l’impresa, dopo Giuseppe Olmo nel 1935.
Un gesto di resistenza e speranza – Quel record non fu solo un risultato sportivo, ma un lampo di luce nel buio della guerra. In un Paese dove la vita si svolgeva tra allarmi aerei e privazioni, il gesto di Coppi rappresentò un’ostinata affermazione della normalità, della bellezza dello sport e della capacità umana di perseverare.