Città del Messico, 23 gennaio 1984. Una giornata memorabile per il mondo del ciclismo. Francesco Moser riesce a superare i propri limiti e fissa il nuovo Record dell’Ora a 51,151. Un’impresa che segna una svolta epocale nel ciclismo, aprendo le porte
all’era dell’aerodinamica e della tecnologia.
Innovazione – Sul velodromo olimpico, l’aria dell’altopiano messicano accarezza una bicicletta che sembra venuta dal futuro. Ruote lenticolari, telaio aerodinamico, casco affusolato: un “trabiccolo psichedelico”, come qualcuno lo definì, frutto dell’ingegno di Antonio Dal Monte. Un programma di allenamento massacrante e innovativo. L’avvento del cardiofrequenzimetro e di tanto, tanto ancora. Una squadra di innovatori e professionisti unici nel suo genere, destinata a cambiare per sempre il mondo del ciclismo in tutte le sue sfaccettature.
Capolavoro – E poi c’era lui, Francesco Moser, già vincitore di un Campionato del mondo e di Classiche monumento, leggendari i suoi tre successi consecutivi alla Parigi Roubaix. Ma lui vuole di più dal suo enorme motore. Moser mette il suo enorme potenziale a disposizione della scienza. Il campione trentino così accetta la sfida di battere il record di Eddy Merckx fissato in 49,432, realizzato su bici Colnago il 27 ottobre 1972 sempre a Città del Messico e ne viene fuori una prestazione mostruosa. In quel 1984, all’età di 33 anni, Moser non solo entra nell’olimpo del pedale, ma ritrova le motivazioni e gli stimoli giusti per inserire due perle mancanti al suo già prestigioso palmares, vincendo la Milano Sanremo e il Giro d’Italia. Capolavoro!
Moser quel 23 gennaio 1984 non ho solo battuto un record, ha proiettato il ciclismo nel futuro.




